Stimati f.lli
Mattioli,
ammettiamolo: siete una coppia di cialtroni. Ciò non toglie che
il sottoscritto sperperi i suoi pochi
quattrini per acquistare il vostro mirabolante giornaletto. È proprio
vero: ogni lettore di fumetti
ha gli autori che si merita. Questo mi porta a pensare che sia vero anche
il contrario: ogni autore di
fumetti ha i lettori che si merita. Dev'essere una questione di karma.
Apprendo con
sconcerto che ritenete esaustiva la ricerca da voi condotta su Capitan
Maccaroni, resa pubblica sul numero 2 del vostro almanacco. Non è
così!
Siete fortunati
che io sia un vostro lettore. Sappiate infatti che proprio al baffuto
supereroe autarchico ho dedicato un paio d'anni di studio. Un lavoro che
in seguito ho condensato in una tesi di laurea in Linguistica Applicata,
guadagnando sul campo uno dei tanti titoli accademici di cui sono in possesso.
Ma questo è un altro discorso. Quanto emerge dalle vostre ricerche
è corretto e corrisponde a verità. Tuttavia la vicenda editoriale
di Capitan Maccaroni non si esaurisce nella Roma degli anni '60, e prima
dell'appendice cinematografica degli anni '80 potrebbe esistere una curiosa
parentesi torinese.
Nel corso delle
mie ricerche mi sono imbattuto in alcune copie de La Voce dell'Indotto,
un settimanale torinese nato nel 1957, rimasto in vita fino al 1973. A
cavallo fra la fine dei '60 ed i primi '70 il periodico ha ospitato le
vicende di Erminio Pautasso, piemontese D.O.C. (così lui dichiara,
almeno), un contadino divenuto operaio Fiat negli anni del miracolo economico.
L'autore delle strisce è anonimo. Le uniche informazioni in mio
possesso sono le iniziali del disegnatore, visibili in alcune tavole:
U.I.S. Pautasso presenta notevoli differenze da Capitan Maccaroni. Differenze
linguistiche, caratteriali (all'apparenza assai più mite e remissivo),
estetiche (nella vita di ogni giorno indossa un camicione a quadretti,
pantaloni di velluto, zoccoli in legno). Ma vi sono anche non poche analogie,
quali la corporatura, i lineamenti del volto, la capigliatura ed i baffi,
la passione smodata per il vino scadente.
Inoltre per i suoi spostamenti utilizza un'apecar, su cui compare la scritta
"bugia nen". Ciò che più richiama alla memoria
Capitan Maccaroni è però la vita segreta del Pautasso: terminato
l'orario di lavoro, svestita la tuta blu da operaio metalmeccanico, di
notte indossa una canottiera a costine, un mantellaccio, e si trasforma
in Capitan Bagna Cauda.
In questi panni
il Pautasso affronta avventure di ordinario razzismo, malmenando e rispedendo
a casa gli sporchi meridionali venuti a rubare il lavoro agli onesti braccianti
piemontesi. Le strisce si chiudono sempre con il Pautasso che festeggia
a tavola la buona riuscita delle sue missioni, con banchetti a base di
grissino, salame e barbera.
La filosofia morale dell'opera è chiara, esplicita, lineare e coerente,
come si evince da alcuni dialoghi illuminanti che ho estrapolato dalle
strisce. Ad esempio: "terun d'in terun [terrone d'un terrone, ndt]
ti piace la pizza? E allora pigliati questa!", seguita da una sonora
sberla in faccia. Oppure: "ma vat'lu a pié 'n tal cù!"
[ma vattelo a prendere nel... ndt] - e vi lascio immaginare che cosa faccia
Capitan Bagna Cauda. Dialoghi di un certo spessore e di spessore certo,
non ne convenite anche voi?
(NB: da raffinato filologo quale sono, chiedo perdono a tutti i puristi
del linguaggio per l'orribile trascrizione dal dialetto piemontese. Alcuni
caratteri andrebbero scritti con la umlaut, altri con la sbirigulda, peccato
che la mia versione di word non ne sia in possesso. Ho pertanto optato
per una trascrizione liberamente plasmata sulla pronuncia) Me ne rendo
conto, le differenze sono abissali. Non esiste alcuna prova che Capitan
Maccaroni e Capitan Bagna Cauda siano lo stesso personaggio. Ho però
una suggestiva teoria a riguardo, della cui attendibilità sono
fermamente convinto. Dopo la sfortunata parentesi romana, abbandonate
la moglie Carmela, il figlio e l'anziana genitrice, Capitan Maccaroni
ha proseguito la sua migrazione verso nord, ha eliminato il vero Erminio
Pautasso (forse costringendolo a ingerire una partita di cozze avariate
col vibrione), ha preso il suo posto e si è rifatto una vita (tra
le altre cose, modificando non poco le sue abitudini linguistiche e alimentari).
In seguito il richiamo del supereroe ha preso il sopravvento. Ha così
assunto la nuova identità di Capitan Bagna Cauda, adattandosi al
nuovo ambiente culturale. Poi, evidentemente, lo sboom economico dei tardi
anni '70, il clima di incertezza politica e sociale, il richiamo delle
origini partenopee, la nostalgia per la famiglia e il plausibile senso
di colpa nei confronti dei suoi simili, hanno preso il sopravvento, e
dopo una pausa di riflessione hanno convinto l'autore della serie a far
ritornare Maccaroni ai primordi, a Napoli.
Fra le notevoli
informazioni di cui sono in possesso, in estrema sintesi queste sono quelle
che volevo condividere con voi, cari f.lli Mattioli, e con la prestigiosa
nicchia intellettuale dei vostri lettori.
A tale proposito,
come segno di gratitudine per le notizie di cui ho voluto rendervi partecipi,
vi sarei grato se mi metteste in contatto con la dolce Silvietta '77,
la cui missiva è stata pubblicata sul secondo numero del vostro
mirabolante almanacco. Sono sicuro che una creatura sensibile come la
Silvietta, dalla mente così arguta e raffinata, capace con il suo
splendido dipinto di inserirsi nella tradizione tracciata da "L'uso
della parola" di Réné Magritte, e al tempo stesso di
distaccarsene in modo originale e innovativo, saprà intrattenere
con il sottoscritto conversazioni di elevato profilo etico.
Distinti saluti,
Massimuccio
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Ulteriori
approfondimenti li trovate su:
Mirabolante Almanacco dei f.lli Mattioli n.2
Editrice Black Velvet
€ 2,60 ISBN: 88-87827-14-1
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